Intervista2 - Sito del Rione di Sant'Ambrogio Olona di Varese

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Intervista al prof. Luigi Daverio  a cura di Dimitri Simeoni - Dicembre 1995

Conosco il professor Luigi Daverio di fama (anche grazie alle notizie scritte su di lui "Sul Sagrato" n° 7) ma non avevo mai avuto l'occasione di incontrarlo a tu per tu.

Nella sua casa di via Virgilio, tra pareti intere di libri e riviste sull'arte pittorica e sull'arte in genere, mi ha intrattenuto dapprima sulla percezione visiva delle linee e poi sull'attività del restauro e sulle sue tecniche, attività che ha svolto per parecchi anni prima di passare all'insegnamento a cause di una malattia della pelle dovuta alle sostanze usate per la pulizia dei quadri.

Un parlare forbito e molto elegante, proprio di uno studioso che, sebbene fuori "dal giro" (ha 75 anni) continua a fare studi e a scrivere articoli specifici che potrebbero interessare moltissimo gli appassionati dell'arte e gli studenti dei licei e delle facoltà artistiche.

Daverio: "Vivo dei miei ricordi (tra l'altro catalogati con un ordine certosino: ritagli di giornali, lettere, documenti, appunti, riconoscimenti ecc.); venga a trovarmi così posso parlare di queste cose con qualcuno, altrimenti va a finire che non servono a nessuno".

Ho ascoltato il professor Daverio con vivo interesse, anche se non sono un addetto ai lavori, poi ho svelato il motivo della mia visita.

Simeoni:  "Prof., suo padre è stato il penultimo sindaco di S. Ambrogio: mi parli dei ricordi che ha di lui come sindaco."

Daverio: "Non ricordo molte cose di mio padre come sindaco perché in casa non se ne parlava mai. Era un tipo molto chiuso, parlava poco; anche quello che so della mia mamma che non ho conosciuto (perché morì nel '22, il giorno dopo la marcia su Roma, quando avevo 2 anni e 3 mesi), l'ho sentito solo quando arrivavano i parenti a casa e mio padre parlava a tavola.
I bambini allora non erano informati sulle cose di famiglia.
Sull'articolo del Carletto Piatti dell'ultimo Sagrato si parla di lui, Giuanin Carbun.
Venivano da Masnago i miei nonni e li chiamavano i "Carbun", ma non so perché.
Mio padre fuori casa era diverso: era stato fuochista alla Varesina dei tram, poi si era licenziato per fare il fabbro.
Era socialista e per quelli come lui divenne difficoltoso lavorare in un posto dove i capi erano fascisti; per questo si mise in proprio.
So che è stato sindaco fino al '23, poi subentrò un certo signor Grùn della Bicocca, messo su dai fascisti.
Probabilmente mio padre era già sindaco nel 1919 perché un certo Bossi Giulio e signora furono sposati da lui nei primi mesi del 1920.
Me lo diceva sempre il signor Bossi quando mi incontrava: 'm'ha spusà ei so pà'.
Le case del Comune erano la 'Canetta' e la sala del Consiglio quello dove c'è il balcone".

Simeoni: "Quali sono i ricordi più remoti che ha di S. Ambrogio."

Daverio: "Ogni angolo di S. Ambrogio mi ricorda persone o cose.
Una scena che mi è rimasta impressa nella mente risale a quando avevo 5 anni.
Mia nonna mi portava all'asilo.
Stavamo passando le rotaie del tram qui, davanti alla Chiesa, e ricordo che ci dissero che l'asilo era chiuso perché era morta la regina Margherita, moglie di re Umberto.
Quel giorno me lo ricordo bene perché 'l'èva beli anda a l'asilo, ma l'èva mei sta a cà'.
Ricordo poi il Cardinal Schuster e l'ordine che aveva dato di suonare le campane alle tre di ogni venerdì.
Ricordo anche la sua visita e che i sacerdoti eran sempre agitati perché era molto mattiniero e non mangiava niente: prendeva un uovo e basta e così si erano dovuti limitare anche i preti.
Prima di lui, il Card. Tosi, che era di Busto, era uno a cui invece piaceva mangiare e i parroci erano felici perché lui partecipava volentieri e potevano dire anche qualche battuta un po'...
Ricordo che una volta in casa di don Luigi Benfanti arrivò il prete di Velate, che era un po' particolare, e si mise a urlare 'Lù va in gir a di che mi sun mati' e don Luigi 'Ma lù l'è matti!'.
All'oratorio avevamo don Barnada. Quando arrivava in Oratorio con il cappello storto bisognava stare attenti perché il primo che gli capitava a tiro si prendeva qualche scappellotto.
Un altro ricordo risale al parroco don Luigi Bonfanti, che morì nel 1934.
Si era negli anni Venti, e in paese girava la notizia che il parroco aveva rifiutato l'offerta di un terreno, per edificare l'oratorio o comunque da utilizzarsi per la parrocchia.
Il terreno è quello fra via Canetta e la via di fianco alla chiesa, quella che non ha nome. Oggi sorgono i palazzi della Banca, del Binetti eccetera.
Allora, l'avvocato Cunietti aveva già pronte le 15.000 lire per il terreno, ma don Bonfanti rifiutò.
Motivo? I suoi ragazzi non dovevano vedere le donne che, passando da via Virgilio, andavano a ballare a Robarello.
E allora i soldi furono spesi per l'acquisto della lunetta che è posta sopra il portone della chiesa, quella con l'immagine dell'arcivescovo Ambrogio. Mentalità di quei tempi là!".

Dimitri Simeoni


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